“Ho l’impressione che la vostra città abbia difficoltà a fare sintesi”. Parole chiare che vanno dritte dritte al problema di fondo: Taranto ha numerose potenzialità, è capace di esprimere progetti per farle emergere ma, poi, al momento di concludere non riesce a portare a rete le varie anime. A Nicola Costa, presidente della Fondazione Acquario di Genova ma di tante altre cose non ultimi i quattro parchi acquatici della riviera romagnola di recente acquisizione, sono bastate cinque ore per capire la città. Soprattutto quando, dopo aver scoperto il fascino ammaliante della città vecchia e dei suoi ipogei, ha visto la Circummarpiccolo e ne ha potuto apprezzare la bellezza del panorama e l’acqua cristallina del Mar Piccolo. Taranto come Genova, città gemelle solo che la seconda, all’ombra della Lanterna, ha saputo reinventarsi, si è sdoganata dall’acciaieria che l’opprimeva (con la chiusura dell’area a caldo di Cornegliano), e ha investito sugli attrattori di turismo: le crociere e, soprattutto, l’Acquario e il Museo del mare; Taranto, invece, no. Vorrebbe liberarsi dal mostro di acciaio ma non osa più di tanto.
Intanto a Genova l’Acquario fa un milione e mezzo di visitatori; a Taranto il MarTa e il castello Aragonese viaggiano su numeri decisamente al di sotto anche se in costante crescita.
Ma la terza serata della “Tre giorni di fine estate”, organizzata dall’associazione “Le città che vogliamo” e dal consigliere regionale Gianni Liviano, incentrata sul tema “Un mare di… economia: musei, marine e altri attrattori”, ha saputo regalare un dibattito a più voci (hanno partecipato la direttrice del MarTa, Eva Degl’Innocenti; gli studenti della II H del liceo Aristosseno vincitori con il loro “Una boccata di mare per i Tamburi”, Francesca Cirillo e Tommaso Gaudioso; il dott. Nicola Costa; Agnese Vallerga di Italian Cruises Shipping Service; il presidente dell’Autorità portuale, Sergio Prete; il presidente di Jonian Shipping Consortium, Rinaldo Melucci; Carmelo Fanizza di Jonian Dolphin Conservation; l’ing. Salvatore Mellea della Fondazione Michelagnoli; il prof. Giuseppe Mastronuzzi dell’Università di Bari; Lelio Miro, presidente della Banca di Taranto; Francesco Simonetti, presidente della Fondazione Palio di Taranto; Nino Nastasi ideatore del progetto StarTa) dal quale è emersa una Taranto che ce la può fare soltanto se sarà capace di credere di più in se stessa.
“A me sembra – ha aggiunto Costa – che la città dovrebbe porsi contemporaneamente un piano più complessivo che tenga conto del turismo culturale ma che non trascuri il cosiddetto turismo per le famiglie. Cosa che Genova ha saputo realizzare con l’Acquario, con il Museo del mare, con la Sfera dell’architetto Renzo Piano. Bisogna identificare, quindi, una pluralità di funzioni attorno alle quali costruire attrattori”. Come fare? “Occorre – ha spiegato Costa – individuare una figura che sia in grado di pensare in questi termini: un famoso architetto o qualcuno che sappia coniugare l’aspetto architettonico, del restauro con una visione d’insieme più ampia. Occorre che Taranto compia questo salto di qualità perchè, forse, di fronte ad un progetto globale diventa più facile intercettare le risorse economiche necessarie per portarlo a compimento”.
Taranto e Genova, gemelle diverse. Entrambe dominate dall’industria pesante, entrambe con un porto dalle immense prospettive di sviluppo. Proprio come lo scalo ionico che l’avv. Sergio Prete, presidente dell’Autorità portuale di sistema, vorrebbe utilizzare come infrastruttura al servizio delle imprese “offrendo logistica e aree attrezzate. Un tentativo di ricollegare questa imponente struttura alla città e non lasciare che continuasse ad essere una monade. Il nostro è un porto di terza generazione, perno centrale dell’intera filiera logistica che aiuta le imprese a sviluppare maggiormente il proprio import-export”. Di qui la necessità, ha aggiunto Prete, di prevedere misure e incentivi fiscali. “Abbiamo subito pensato alla Zes (zona economia speciale) che però, al momento non è stata ancora istituita a livello comunitario. Per cui abbiamo pensato di partire da un livello più basso e, grazie all’aiuto di alcuni tecnici ed esperti, siamo riusciti ad ottenere, unico porto in Italia, la Zona franca non interclusa che consente la sospensione del pagamento del dazio doganale alle merci in entrata salvo poi pensare se è possibile trasformarla in qualcosa più importante come la Zes”.
Ma il porto non è solo un discorso commerciale perchè lo scalo “ha cominciato a comunicare con la città e con realtà nazionali e internazionali trasformandolo anche in porto turistico”, come testimonia l’ingresso di Taranto nel circuito crocieristico o la realizzazione del Falanto Port service center che ospiterà una stazione passeggeri per non parlare della passeggiata, il cui progetto ha vinto il primo premio Urban Promo, che collegherà il ponte di pietra al castello Aragonese.
Di Blue economy ha parlato Rinaldo Melucci, presidente di Jonian Shipping Consortium, il consorzio che raggruppa ventiquattro agenzie marittime. “La blue economy – ha spiegato Melucci – produce il 3% del pil e impiega, tra attività specifica dei porti e interporti, 500mila persone di professionalità medio-alta. Per concorrere a questo 3% di pil e per sostenere le sfide di mercati sempre più internazionali, bisogna superare le divisioni tipiche della nostra economia territoriale incapace di fare massa critica. Ecco perchè il consorzio di agenzie marittime. Fare rete dovrebbe diventare un argomento centrale di chi vuole fare impresa. Gli ultimi vent’anni del porto sono stati cristallizzati su pochi centri monoloistici con risorse drenate verso l’esterno. Una rete di operatori locali consente, invece, di far restare sul territorio le risorse che arrivano dall’esterno e che possono essere immediatamente reinvestibili. Stiamo parlando di circa un milione di euro”.
Intanto si parte dalle crociere con l’inglese Thompson Cruises che dal prossimo mese di maggio farà approdare a Taranto le sue navi da crociera. “Sono previsti – ha ricordato la dott.ssa Vallerga di Italian Cruises Shipping – sette scali: due a maggio e uno nei successivi mesi fino a novembre. Abbiamo puntato su Taranto sia per la sua posizione geografica, sia per le sue peculiartià, sia per la posizione strategica rispetto ad altri centri facilmente raggiungibili dai crocieristi, sia per le condizioni di sicurezza, mi riferisco al terrorismo, che i porti del nord Africa non sono in grado di offrire”. Ma per attirare il turista fuori dalla nave è necessario che ci sia tutta una serie di infrastrutture e di servizi come, giusto per citare la più banale delle esigenze, “far sì che il turista che scende a terra – ha sottolineato la dott.ssa Vallerga – trovi negozi e ristoranti aperti, operatori in grado di parlare e capire la lingua inglese”.
Mare non è solo crociere o diporto, mare è anche delfini e ricerche scientifiche sui cetacei per finanziare le quali la Jonian Dolphin Conservation ha deciso di coniugare l’aspetto turistico con quello scientifico. Con il loro biglietto, il turista che sale sul catamarano della Jonian finanzia la ricerca. “Un progetto nato nel ‘97, che ha cominciato a camminare nel 2012 e che oggi è cresciuto a tal punto – ha detto Carmelo Fanizza – da aver ottenuto in gestione palazzo Amati, in città vecchia, e la sede dell’ex ristorante Al Gambero, a Porta Napoli”. E a palazzo Amati, un tempo sede del corso di laurea in Maricoltura, la Jonian Dolphin darà vita al progetto Kitos, in partenariato con altre 6 organizzazioni. “Si tratta – ha spiegato Fanizza – di un Centro Euromediterraneo del mare e dei cetacei, con un’area museale, servizi turistici. Sono previsti uno spazio dedicato alle start up e all’imprenditoria sociale e una biblioteca virtuale sul mare. Obiettivo del progetto è quello di rilanciare la vocazione turistica della città vecchia. Nel centro saranno realizzate le Officine Amati, uno spazio di innovazione tecnologica dedicato soprattutto ai giovani”.
Musei di mare e msei di… terra come il MarTa. Che, poi, tanto museo di terra non è dal momento che “custodisce ed espone tesori – ha sottolineato la direttrice Degl’Innocenti – che sono legati tantissimo al mare” e che dal mare ci sono stati restituiti. L’esperienza del MarTa, che in poco più di otto mesi ha visto lievitare le visite del 70%. Segno che la nuova politica, “quella di aprire sempre di più la struttura alla città”, fino ad oggi sta pagando e lascia intravedere ulteriori margini di miglioramento. “Il museo – ha detto ancora la dott.ssa Degl’Innocenti – non può essere considerato un luogo chiuso ma, al contrario, un luogo aperto alla città e che con la città interagisca. Bisogna attuare una strategia globale, un progetto di territorio. Il MarTa è il principale attrattore della Puglia e come tale può diventare partner di un lavoro più complesso e collettivo”. Insomma, opportunità come visione diversa della cultura.
L’Università non può non svolgere un ruolo attivo, superando anche le difficoltà di natura economica che stanno affliggendo gli Atenei italiani. Il prof. Giuseppe Mastronuzzi su questo tasto ha battuto molto nel corso del dibattito così come l’ing. Mellea della Fondazione Michelagnoli, ha fatto con il progetto della musealizzazione di nave Vittorio Veneto che ha nella mancanza di investitori e nella lentezza delle decisioni politico-amministraive i maggiori ostacoli. Come quelli che ha incontrato, e dovuto superare, Francesco Simonetti, presidente della Fondazione Palio di Taranto, nel tenere viva la tradizione del Palio e nel recuperare una fascia immediatamente sotto i bastioni adiacenti il castello Aragonese utilizzata, fino poco prima che il suo progetto di recupero andasse in porto, per il rimessaggio da parte di pescatori abusivi.
Poi c’è StarTa, l’ambizioso progetto presentato dal comandante Nino Nastasi e che vede un pool di associazioni impegnate nello sforzo di portare a Taranto nel 2019, da tutto il mondo e in occasione del clou di Matera capitale europea della cultura, i velieri storici a cominciare dal nostro Amerigo Vespucci. “Un raduno – ha spiegato Nastasi – che non dovrà esaurirsi in qei quattro-cinque giorni in cui i velieri sosteranno nel nostro mare ma dovrà diventare un appuntamento biennale”. Ma per fare tutto ciò servono risorse economiche e partner che credono nel rilancio della città. “La Banca di Taranto – ha detto il presidente Miro – è pronta a sostenere questa importante sfida, a costruire una vision che traguardi la città verso una rinascita culturale, urbanistica, economica degna della sua storia”.
Conclusioni? Taranto ha i numeri per invertire il suo futuro, per diventare da città sul mare a città di mare. Basta saper cambiare gli orizzonti, guardare la città da un’altra angolazione. Come hanno fatto Francesca Cirillo e Tommaso Gaudioso con il loro progetto “Una boccata di mare per i Tamburi” e con il quale hanno vinto il primo premio del “Don Pino Puglisi”. La visione e la percezione della realtà sono state letteralmente capovolte offrendo uno spaccato della città e del quartiere Tamburi lontani parenti della città dei veleni in cui tutto il mondo individua Taranto.
“Dobbiamo affrancarci – è stato l’intervento del consigliere regionale e padrone di casa, Gianni Liviano – del marchio di One company town, di città che ha subìto scelte che hanno provocato una prima fase di diffusa ma anche totale dipendenza da un modello economico che prescinde completamente dalla sostenibilità ambientale e che, col tempo, ha contribuito a ridurre le risorse identitarie, storiche e culturali dell città, le possibilità turistiche, riducendo fortemente le possibilità di altre valorizzazioni economiche. La ricerca di identità, il desiderio di costruire comunità, la costruzione di un piano strategico, di una vision di futuro, devono essere le direttrici sulle quali costruire la Legge speciale per Taranto”.
